Fonte: www.adnkronos.com
Pubblicato il: 10/08/2017 11:45
di Federica Mochi
Gli strumenti sono noti. App come Tinder, Happn, Once, Grindr, Kik e Wapa, nate per mettere in contatto potenziali partner. Prima virtualmente, per poi passare a incontri reali. Tutti le usano, pochi hanno il coraggio di ammetterlo. Anche perché non sono solo i single a gravitarci attorno. Tanti dichiarano subito di essere sposati, qualcuno dice di essere divorziato. C’è chi mette le mani avanti: hanno una relazione ma vogliono provare il brivido dell’avventura. Un ricco campionario di stereotipi, insomma.
Del resto, su queste app si trova davvero di tutto, dall’impiegato annoiato, al vicino di casa, passando per attori, dirigenti d’azienda, banchieri, giornalisti (tanti) e qualche deputato un po’ sfrontato. C’è chi si ferma a un ‘ciao’ e poi sparisce. Chi avanza da subito proposte poco decenti, e chi pretende di trovare il vero amore. Incuriositi, abbiamo provato a immergerci nella galassia delle app di incontri per raccontare quello che accade.
Pronti? Si parte. Il primo step è decidere quale piattaforma scaricare. Ce ne sono a migliaia. Provo con Tinder, quella più gettonata, con oltre 50 milioni di utenti in tutto il mondo. E’ semplice da usare. Carico qualche foto, scrivo la mia età e il nome. Poche informazioni, quasi niente nella descrizione. Imposto i limiti d’età del potenziale partner (30-55) e il raggio d’azione, 40 km. Tinder funziona un po’ come un catalogo di volti, e grazie al GPS del cellulare ti mette in contatto con chi si trova nei paraggi. Se il profilo della persona che incontri ti piace e a lei piace il tuo, scatta il ‘match’. E potete chattare.
Un po’ lo stesso sistema che anima Happn, app basata principalmente sulla geolocalizzazione. Ti mette in contatto con persone che hai incrociato per la strada, in un locale, sotto l’ufficio, al supermercato. Inizio a chattare. Arrivano i primi messaggi. Pling, ‘Hai un nuovo match’, bip, ‘Marco vorrebbe chattare con te. “Vediamo, sei qui per incontrare l’uomo dei tuoi sogni” scrive subito Alex su Tinder, 30enne milanese di passaggio a Fiumicino. Sta partendo per l’India, dice di trovare il mio profilo interessante. Poi però sparisce. Dopo qualche swipe, parecchi match, tanti profili scartati, vengo sommersa da una raffica di messaggi. “Ci vediamo?”, “Sei carina, che lavoro fai?”, “Eleganza disarmante, ti va di prendere un caffè?”. A proposito, sono tutti sposati.
“Ciao, cara sconosciuta, che stile particolare, che programmi hai per oggi?” scrive Francesco, (nome di fantasia) che mi invita a subito a cena fuori. Ha un paio di foto sugli scranni della Camera. Faccio una ricerca, scopro che è un parlamentare. “Ti lascio il mio numero, scrivimi, proviamo a vederci giovedì”. Umberto ci prova subito, ha l’aria di quello che manda lo stesso messaggio a tutte le ragazze che incrocia, nella speranza di fare colpo. “Il tuo collo scoperto è la visione più sensuale dell’universo – mi scrive – spalle dritte, pelle perfetta”. Ma nel mondo dei single, spunta anche qualche coppia. “Siamo libertini, cerchiamo amica bisex con la quale divertirci”. Decido di passare oltre. Provo con Happn. Scorro i profili, metto qualche like. Anche qui piovono richieste. “Hai un crush!”, “Domenico vorrebbe chattare con te! Dai un like al suo profilo per vedere cosa ha detto”. “Gabriele ti ha mandato un messaggio audio”.
Arrivano i primi messaggi. “Fede ci sei? – mi scrive Max, ma diventa subito insistente, non mi dà tregua. “Usciamo? Ma perché non vuoi uscire con me?” prosegue. Non rispondo. “Che pizza che sei, perché sei sparita?”. Decido di bloccarlo. L’app mi segnala che ho incrociato Alessandro mentre facevo la spesa. Accetto di chattarci, mi chiede di vederci a casa sua. “Non te ne pentirai” chiosa. Sembra una minaccia, blocco anche lui. Il telefono non smette un attimo di suonare. Ping. Bip! Nella colonna di destra appare Mario. Pacato, profilo pulito. Scrive che le foto sono tutte recenti. Piccola parentesi. C’è chi carica immagini di 10 anni prima, spacciandole per selfie appena scattati o chi si nasconde dietro foto di personaggi noti. Come Luca, che invece del suo naso aquilino, piazza quello di un attore francese.
“Sì, mi hai beccato – ammette quando glielo faccio notare – è il buon Louis Garrel”. Roberto invece ha studiato a Los Angeles, ha vissuto tra Miami e Milano. Dice di non essere un tipo da social network. E’ single. Parte scambio di messaggi, cosa fai, dove vivi?, qualche complimento. Penso che sia un tipo a posto ma si rivela subito un logorroico indefesso. “Fatico a starti dietro” gli scrivo. “Sì, scusami ma è pieno di tipi assurdi su queste app, io non sono come quelli che dicono di amare matte, bipolari, o persone che cercano di differenziarsi dagli altri (che vorrà dire lo sa solo lui) immagino tu non voglia associarmi a certe persone non conoscendomi. Ma pensavo…Ti infastidisce sapere che ho una scopamica?”.
Riccardo invece è un tipo tutto muscoli. Happn mi segnala che la prima volta ci siamo incontrati a Trastevere. Non perde tempo, mi manda subito una nota vocale. Ride, sembra simpatico. “Ma fai un lavoro da comune mortale? – mi chiede – sembri bella”. Anche Jean Claude è un bel tipo. Elegante, dice di aver studiato a Parigi e Happn mi ricorda che si trova a 500 metri da me. “Ciao – scrive – davvero ci siamo incrociati? Che ne dici?” Mi fa sapere che è la prima volta che usa Happn, che è un francese trapiantato nella Capitale, e poi mi invita per un aperitivo in un sushi bar. Guardo l’orologio. Le 24 ore di prova per questo articolo sono finite già da un pezzo. Magari la prossima volta. In compenso in una giornata non so dire quanti match ho fatto, ma quel che è certo è che ho già accumulato una lista notevole di numeri di cellulare, cuoricini, inviti a cena e in spiaggia, da fare invidia anche alla single più incallita. Ma questa è un’altra storia.