Coloro che alimentano la viralità, il cyberbullismo, il sexting, la revengeporn, l’hate speech e che rinforzano le violenze che una persona subisce, sono proprio i “condivisori” e i “commentatori”. “È su coloro che condividono e che commentano in maniera cattiva e dispregiativa che si deve lavorare, sono loro che alimentano il problema, che lo rendono pubblico e visibile, sono complici dei cyberbulli, degli odiatori e sono complici perché le parole fanno più male delle botte, perché le condivisioni uccidono, creano ansia, depressione, disturbi alimentari e portano le vittima a farsi intenzionalmente del male come dimostrano i dati per cui per oltre il 50% di coloro che subiscono violenze digitali si autolesiona”, sottolinea la dott.ssa Manca.
Il 4% degli adolescenti dai 14 ai 19 anni e un 5% dagli 11 ai 13 anni ha filmato o fotografato un coetaneo nel mentre che qualcuno gli faceva del male, senza intervenire, pur di fare un filmato e magari renderlo poi virale. 3 adolescenti su 10, vengono esclusi intenzionalmente dai gruppi WhatsApp. Se si viene esclusi, è un gruppo intero che esclude, che è consenziente, che non fa niente per evitarlo e per salvare la vittima ed è quindi altrettanto colpevole, come coloro che commentano con faccine e parole pungenti. Quello che fa più male alle vittime è che tutti sanno e nessuno interviene, anzi, invece di lasciare il problema in sordina, lo alimentano e lo rendono pubblico e virale. I commentatori e i condivisori non si sentono responsabili e colpevoli in quanto non agiscono in prima persona, non capendo di esserlo quanto un cyberbullo.