Come viene riportato nell’articolo scritto dal Dott. Mauro Croce Il caso del gioco d’azzardo: una droga che non esiste, dei danni che esistono (http://www.giocaresponsabile.it/files/cms2/IL%20CASO%20DEL%20GIOCO%20D’AZZARDO.pdf), i costi delle derive patologiche o problematiche del gioco d’azzardo andrebbero ricercati in più aree, tra le quali le più importanti sono quella delle relazioni sociali e familiari (crisi economiche, separazioni, divorzi, problemi di co-dipendenza, problemi per i figli…) quella dello sconfinamento nell’illegalità e nell’usura ed infine quella dei costi sociali e sanitari.
Occorre, infatti, considerare il rischio legato all’impiego, da parte della criminalità organizzata, dei proventi del gioco d’azzardo illegale, come aperto è il tema relativo al riciclaggio di “denaro sporco”.
Invece, per quanto riguarda i rischi ed i costi in ambito sanitario, va segnalato come il giocatore patologico attraversi spesso periodi di profonda depressione, di forte nervosismo, di paura, di rischio di suicidio, di assunzione di farmaci per malesseri secondari al gioco d’azzardo ed altri sintomi “stess related” quali difficoltà di memoria e concentrazione, disordini intestinali, emicrania etc.
Da non ultimo è importante segnalare come sia stata riscontrata in alcuni giocatori una vera e propria sindrome di astinenza con sintomi quali dolori addominali, tremori, mal di testa, diarrea, sudori freddi etc.
Come fenomeno sociale il gioco d’azzardo costituisce un’attività di grande diffusione e, per diverse persone, priva di conseguenze. Il giocare d’azzardo rappresenterebbe infatti un “mondo altro e parallelo” in contrapposizione – o in alternativa – ad un mondo apparentemente governato da razionalità e da calcolo. Un mondo “altro” che permette” di vivere una avventura, una sfida, o di sperare in “un magico cambiamento della propria vita”.
Ma giocare d’azzardo è anche per molti una possibilità per riempire (o non vedere) momenti di noia, di mancanza di senso, di depressione, di insoddisfazione. Elementi questi che spesso sono alla base del ricorso al gioco, ma che rischiano di trasformarsi in “un movente”: sia esso l’eccitazione, lo sfoggio d’abilità, l’intrattenimento, la possibilità di vincere. Il giocare diventa allora uno “spazio magico altro e vitale” che protegge dal mondo esterno ed attraverso il quale è possibile costruirsi una ricchezza immaginaria fatta di sogni e fantasie, di altri sé. Uno spazio libero da scelte, da limiti, da fatiche, da “principi di realtà” e dove è possibile concentrare dimensioni dicotomiche quali: identità/disidentità; aspettative/frustrazioni; ansie/sogni; onnipotenza/fragilità”.
Ciò che però è importante sottolineare, è come si stia verificando nell’offerta e nel consumo di gioco d’azzardo una importante trasformazione. Una trasformazione non solo di tipo quantitativo (maggiori giochi a disposizione, maggiori luoghi ove giocare, minore o inesistente soglia d’accesso) ma anche di tipo qualitativo per via dell’immissione di giochi con caratteristiche di maggiore additività. Così come le sostanze, infatti, anche i giochi sono molto diversi tra loro in relazione alla maggiore-minore potenzialità nel produrre rischi di strutturare una vera e propria dipendenza; a tal punto che si può parlare di distinzione tra giochi hard (pesanti) e giochi soft (leggeri). La distinzione principale tra giochi pesanti o leggeri sarebbe in relazione alla riduzione del tempo tra la giocata ed il pagamento della vincita; alla frequenza delle possibilità di gioco, alla possibilità di ripetere la giocata (elemento che favorisce la cosiddetta rincorsa alla perdita che costituisce uno degli elementi di maggiore rischio), ed alla possibilità di continuare a giocare non creando situazioni di discontinuità nelle sequenze di gioco. I nuovi giochi tecnologici (pur rifacendosi o richiamando in taluni casi giochi tradizionali) si stanno distinguendo per la loro attitudine ad un gioco solitario ed asociale con evidenti rischi di sconfinamento in forme di gioco problematico e patologico.
Particolare interesse e preoccupazione riveste poi l’impatto della diffusione delle nuove forme di gioco presso gli adolescenti dove si evidenzia il passaggio da giochi informali, auto-organizzati e auto-gestiti, verso il consumo di forme di gioco commerciale ed a forte rischio di addiction quali le slot-machines ed i video-poker.
Nonostante un piccolo numero di individui rimangano “presi all’amo” fin dalla prima scommessa, per la maggior parte delle persone l’evoluzione è più insidiosa. Possono esservi anni di gioco d’azzardo controllato seguiti da un una fase di grande coinvolgimento e spesso i giocatori riferiscono di momenti di totale astinenza intervallati da momenti di totale coinvolgimento.
Ragionare sul gioco d’azzardo patologico come punto di arrivo di una “carriera”, significa attribuire senso, importanza e sviluppo ad un insieme di elementi ed ipotesi di tipo individuale ,di tipo sociale, e di incontro (con una azione come nel gioco, con una sostanza come nella tossicodipendenza) che possono produrre o meno, trasformazioni nel soggetto e nel suo ambiente tali da evolversi in maniera diversa e non determinista nel tempo ed in relazione a variabili complesse e non sempre prevedibili.
Il pensare alla condizione del giocatore d’azzardo come ad una “carriera” invece che ad uno stato, permette di comprendere gli elementi, i significati ed i bisogni che concorrono nell’evoluzione del quadro da un gioco sporadico ed occasionale ad un gioco patologico e monopolizzante il tempo, gli affetti ed i valori del soggetto.
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